Adam Smith: libri, pensiero, filosofia
Adam Smith, nato in Scozia il 5 giugno 1723, è a ragione considerato il padre dell’economia politica classica. Dopo gli studi in filosofia, Smith si dedica allo studio della disciplina economica e nel 1776 pubblica “La ricchezza delle nazioni“, pietra miliare che influenzerà tutto il pensiero economico e la sua evoluzione nella cultura contemporanea. Si tratta di uno degli economisti più importanti e tra più studiati nel corso di economia della facoltà di Benevento.
La vita
Come anticipato, Adam Smith nasce il 5 giugno 1723 in un piccolo porto scozzese, Kirkcaldy. La madre appartiene ad una ricca famiglia della regione, mentre il padre è esattore delle dogane. Smith tuttavia non conoscerà mai il padre, che muore nello stesso anno della sua nascita. Il filosofo sviluppa quindi un forte legame con la madre e non si sposerà mai, anche se la cronaca riporta una sua importante relazione con una giovane lady.
Dopo gli studi a Kirkcaldy e a Oxford, Smith è invitato ad insegnare retorica e letteratura a Edimburgo dove, nel 1750, incontra David Hume. Nel 1751 Smith ottiene la cattedra di logica, e poi di filosofia morale, ad Oxford. Nel 1974 lascia l’università per diventare precettore del giovane duca di Buccleuch, incarico che lo porta principalmente in Francia, tra Tolosa e Parigi, dove incontra François Quesnay. A Ginevra conosce Voltaire.
Nel 1767 Smith torna a Kircaldy, presso la madre, dove rimarrà fino al 1778, quando viene nominato commissario alla dogane ad Edimburgo. Morirà il 17 luglio del 1760.
Il pensiero di Adam Smith
Adam Smith sviluppò il suo lavoro con l’obiettivo di individuare le cause e gli effetti della crescita della ricchezza di tante nazioni europee. La rivoluzione industriale infatti aveva provocato un esodo dalle campagne e un forte sviluppo delle città: i contadini, comprese donne e bambini, lasciavano le terre che avevano coltivato per generazioni per lavorare nelle industrie nascenti. Un lavoro senza dubbio più duro e faticoso, ma anche più remunerativo.
Smith si interroga quindi sul segreto di questa nuova e nascente ricchezza, e trova la risposta in due componenti fondamentali: il lavoro e la tecnica.
Nel già citato libro “La ricchezza delle nazioni“, Adam Smith analizza le cause della crescita economica e il modo con il quale la ricchezza si produce e si distribuisce tra le classi sociali. Secondo l’economista, la ricchezza è prodotta attraverso il lavoro e può essere accresciuta grazie al miglioramento tecnico. È il lavoro stesso a determinare il valore di scambio di un bene, dando vita alla cosiddetta teoria del bene-lavoro.
Tale teoria è in netto contrasto con il pensiero degli economisti fisiocratici, i quali ritenevano che la ricchezza fosse generata in natura.
Prima della rivoluzione industriale e delle fabbriche, l’uomo si sosteneva grazie all’agricoltura. C’erano poi i commercianti, che nel corso dei secoli avevano accumulato ingenti capitali, che servirono a finanziaria la successiva rivoluzione industriale. Infine, l’economia si sorreggeva anche grazie al lavoro commissionato da nobili e clero. Il fatto che l’agricoltura fosse al centro della vita economica, rendeva l’uomo fortemente assoggettato alla natura, costringendolo anche a chiedere al “Cielo” che i raccolti fossero abbondanti e non ci fossero calamità. Da questo punto di vista, la prosperità era quindi fortemente legata a Dio e alla Natura.
Quando le macchine, inventate dall’uomo, fecero il loro ingresso nel panorama delle relazioni economiche e sociali, “il lavoro dell’uomo grazie alle tecnologia e alla sua divisione diventa fonte potentissima di valore economico”, come afferma Smith nel suo libro.
La rivoluzione, dunque, non è solo economica, ma anche e soprattutto culturale: sono l’uomo e il suo lavoro, ora, ad essere il cento e la fonte del valore. Le innovazioni tecnologiche sono un amplificazione della produttività del lavoro e l’uomo, con le sue scoperte tecniche, si scopre onnipotente, relegando Natura e Provvidenza ad un ruolo secondario.
Il pensiero di Adam Smith ha l’enorme ed innegabile merito di aver avviato la ricerca e il dibattito sul valore e la sua distribuzione fra le diverse classi sociali, un dibattito ancora aperto.
Oltre alla teoria del valore-lavoro, Adam Smith è anche il padre della dottrina della “mano invisibile”. L’economista era convinto che il mercato, grazie alla concorrenza, fosse in grado di auto regolare e redistribuire autonomamente il valore, annullando gli squilibri e stabilizzando l’ordine sociale. Secondo Smith, squilibri ed ingiustizie sociali non sono storture strutturali del sistema capitalistico, come hanno poi teorizzato Karl Marx e J.M. Keynes, ma derivano dalla scarsa concorrenzialità dei mercati e da una condizione di partenza non omogenea degli attore della produzione e del mercato.
Smith è pertanto considerato il teorico del libero mercato e l’ispiratore del liberismo moderno, ideologia che non prevede l’intervento dello Stato nei rapporti economici e sociali di una nazione.
I libri di Adam Smith
Le opere più importanti di Adam Smith sono due:
- Teoria dei sentimenti morali (The Theory of Moral Sentiments), pubblicata nel 1759
- La ricchezza delle nazioni (An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, pubblicata nel 1776.
In Teoria dei sentimenti morali Smith sviluppa la filosofia sociale già esposta dal maestro Francis Hutchenson, nel senso di una cosiddetta morale della “simpatia”: l’u0mo sarebbe spinto nelle sue azioni dal desideri di ottenere la simpatia e l’approvazione dei suoi simili.
Il principio della simpatia arriverà fino alla redazione della Ricchezza delle nazioni, considerato il primo trattato organico di economia politica. L’opera si divide in cinque libri, che trattano rispettivamente:
- il rapporto fra divisione del lavoro e produttività e della distribuzione del reddito;
- il tema dell’accumulazione;
- lo sviluppo economico dall’impero romano in poi;
- le precedenti teorie economiche (mercantilisti, fisiocratici);
- la finanza pubblica.
Secondo Smith, ogni operatore economico agisce sul mercato spinto esclusivamente dal proprio interesse individuale, ma influenza la domanda e l’offerta sui prezzi e quindi le decisioni degli operatori, agendo come una “mano invisibile” che genera una continuo adeguamento tra produzione e domanda.
Altri scritti dell’economista, che dimostrano la sua versatilità come studioso, sono History of Astronomy e Of the Affinity between Certain English and Italian Verses, nel quale parla di versi cadenti, sdruccioli e tronchi. L’opera Essays on Philosophical Subjets, redatta durante il periodo di Glasgow, è invece stata pubblicata postuma, nel 1795.
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