Cos’è il diritto penale minorile e a cosa serve
Il diritto penale minorile riguarda le leggi e i regolamenti che si attuano nel caso in cui un minore commetta dei reati e stabilisce, prendendo in considerazione l’età, in quale momento l’individuo possa essere ritenuto capace di intendere e di volere, elemento che è a fondamento dell’imputabilità.
È bene non confondere il diritto penale minorile con il diritto minorile, che invece comprende le norme e le disposizioni legislative volte a salvaguardare i diritti fondamentali dei minori, ossia quei soggetti che, non avendo ancora compiuto i 18 anni di età, potrebbero trovarsi in situazioni di svantaggio rispetto agli altri membri della società e quindi necessitano di particolare tutela.
Anche in ambito giuridico il minorenne gode di particolari tutele, definite appunto dal diritto penale minorile, disciplinato dal DPR 488 del 22 settembre 1988.
Il processo penale minorile
Al fine di tutelare il minore in tutte le situazioni, anche quando risulti responsabile di un reato, l’Italia si è dotata di una disciplina dedicata per il processo a carico di imputati minorenni al momento della commissione del fatto di reato.
In particolare, la legge delega n.81 del 16 febbraio 1987 ha stabilito che il processo penale minorile deve essere effettuato:
- seguendo i principi generali del nuovo processo penale
- considerando le motivazioni e le integrazioni imposte dalle condizioni psicologiche del minore, dalla sua maturità, dalle sue esigenze e dalla sua educazione.
Successivamente, il D.P.R. n.448 del 22 settembre 1988 attua la legge delega e disciplina quindi il diritto penale minorile, stabilendo che il processo penale minorile deve avere mirare:
- al recupero sociale del minore
- all’adozione di provvedimenti che evitino l’applicazione della sanzione penale, anche in caso di accertamento di responsabilità. L’ordinamento italiano quindi mira, nei confronti degli autori di reati non ancora maggiorenni, a perseguire nell’esercizio della giurisdizione penale finalità principalmente educative, fermo restando il valore punitivo dell’intervento.
La pena perciò deve essere stabilita tenendo in considerazione una molteplicità di fattori, da quelli sociali ed ambientali a quelli psicologici e educativi, che possono aver contribuito, in modo diretto o indiretto, all’esecuzione del reato.
L’obiettivo principale del diritto penale minorile, perciò, è coniugare la giustizia con il recupero e la tutela del minorenne.
I principi del diritto penale minorile
Il DPR 488/88 è animato da una serie di principi fondamentali, utili per capire il funzionamento della giustiza minorile nel nostro Paese.
Adeguatezza
La finalità del processo penale minorile è di carattere educativo: l’obiettivo è responsabilizzare il minore. Le misure adottate, perciò, devono essere adeguate alla personalità e alle esigenze educative del soggetto coinvolto ed essere finalizzate prima di tutto alla sua reintegrazione nella società.
Minima offensività
È necessario limitare il più possibile i contatti con il sistema penale: obiettivo del diritto penale minorile è garantire il corretto sviluppo psicofisico del minore, senza comprometterne l’immagine sociale e lo sviluppo equilibrato della personalità. È quindi fondamentale far uscire il minore dal circuito penale il più rapidamente possibile.
Residualità della detenzione
Il diritto penale minorile prevede soluzioni alternative alla carcerazione, volte alla responsabilizzazione del minore e in considerazione della fragilità caratteriale propria del minorenne: un esempio è il collocamento in comunità, dove sono previste iniziative volte al reinserimento sociale del minorenne.
Oltre al collocamento in comunità sono previste altre tre misure cautelari:
- Prescrizione, inerente alle attività di studio o di lavoro, o ad altre attività utili all’educazione del minore
- Permenenza in casa
- Custodia cautelare, i cui termini di durata massima previsti dal c.p.p sono ridotti della metà per i reati commessi dai minori di 18 anni e di due terzi per i reati commessi dai minori di 16 anni.
De-stigmatizzazione
È fondamentale tutelare e garantire la riservatezza dell’anonimato del minore, attraverso il divieto di diffondere immagini e informazioni circa le generalità del minore e attraverso lo svolgimento del processo a porte chiuse (norma derogabile solo il caso il minore abbia compiuto 16 anni). Infine, è prevista la possibilità di eliminare, al compimento dei 18 anni di età, i procedimenti giudiziari dal casellario giudiziale.
Auto selettività del processo penale
Il processo penale minorile prevede, rispetto ai processi penali ordinari, dei meccanismi deflattivi maggiori. Ad esempio, le esperienze educative, le informazioni sulla personalità e sul contesto famigliare possono condurre alla cosiddetta “irrilevanza del fatto” e quindi alla sospensione del processo per messa alla prova.
Gli organi guidiziari nel processo minorile
L’organo giudicante nei processi minorili è il tribunale per i minorenni, costituito da quattro giudici (due magistrati togati e due membri laici, ossia un uomo e una donna esperti di assistenza sociale, scelti tra cultori di biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia o psicologia e che abbiano compiuto i 30 anni di età).
Le impugnazioni dei provvedimenti del tribunale dei minorenni sono invece giudicate dalla sezione di Corte d’appello per i minori, che giudica con l’intervento di due esperti laici (in possesso dei requisiti di cui sopra) e di tre magistrati della sezione.